La casa della mia infanzia nella periferia di Faenza, ormai vuota da anni, è sempre stata per me e mio marito, che abbiamo vissuto a Londra e in California, un alloggio temporaneo per le nostre vacanze italiane, ma anno scorso la pandemia ci ha bloccato a Faenza, impedendo, almeno per il momento, la realizzazione del nostro progetto di vita in California.<br/><br/>Per mesi ci siamo sentiti stretti in quell’ambiente ingombro di cose accumulate nel tempo dai miei genitori, finché abbiamo deciso di intervenire, liberandoci fisicamente di molti oggetti che non ci rappresentavano e ridefinendo gli ambienti con un design che evocasse i nostri gusti e la nostra storia.<br/><br/>Ora finalmente sento di aver riportato la luce dentro casa, anzi se prima non riuscivo a sentire la sua voce adesso la sento cantare.<br/><br/>La propria casa è il luogo migliore dove sperimentare ciò che piace e fa sentire bene: noi abbiamo scelto materiali e forme che coniugassero le radici italiane con le nostre esperienze all’estero.<br/><br/>Progettare per me non è molto diverso dal vestirsi: in entrambi i casi bisogna trovare uno stile personale. Il mio è uno stile eclettico che accosta pezzi nuovi a pezzi vissuti e combina senza limiti colori e texture.<br/><br/>Il budget contenuto che ci siamo imposti, anche in considerazione del fatto che ad oggi non sappiamo quanto resteremo in questa casa, non ha impoverito il progetto ma lo ha arricchito di soluzioni personalizzate e originali.<br/><br/>Prima di tutto abbiamo rimosso il muro che divideva cucina e sala, sostituendolo con una serie di alte colonne contenitive. La cucina rimane un ambiente piccolo ma ora respira e interagisce con la sala. La disposizione triangolare delle funzioni primarie (forno, frigo, lavello) semplifica la circolazione e l’utilizzo. <br/><br/>Nelle scelte stilistiche mi sono ispirata al movimento modernista americano di Neutra, Schindler, Koening integrandolo con pezzi-icona del Novecento italiano, come il pavimento “a terrazzo” tipico delle abitazioni dei centri storici degli anni ’50. La piastrella è una lettura rivisitata del terrazzo, è lucida, bianca e nera proprio come l’arredo e tutte le finiture di lavello, rubinetti, luci.<br/><br/>Il piano di lavoro è in fenix nero con alzatina integrata che diventa mensola dietro al piano cottura. Il tutto completato con una grande lampada a muro girevole e una composizione di foto in bianco e nero del mio bimbo.<br/><br/>La tenda l’ho dipinta io, ispirandomi ai noren giapponesi nella forma dei pannelli. Un telo rappresenta la luce del deserto, l’altro il mondo acquatico. La mattina il sole ne accende i colori e la colazione diventa un momento spirituale che infonde carica per affrontare la giornata.<br/><br/>La sala è dipinta di un bianco caldo come se fosse una tela sulla quale far risaltare i miei quadri addossati alle pareti e la libreria appesa. E’ una stanza in evoluzione con tanto spazio per muoversi in libertà. Ciò che colpisce immediatamente sono le luci, gigantesche icone firmate Jean Prouvè e Serge Mouille, che dominano il soffitto. Sul pavimento in laminato ho sistemato arredi essenziali: un tavolo di vetro blu per le nostre cenette e un divano destrutturato per riposare, saltare,leggere, meditare. <br/><br/>In un angolo appartato dell’ampio ambiente ho collocato il mio tecnigrafo. Trovo bellissimo avere uno spazio in casa per progettare, mi piace pensarlo come l’angolo delle idee e della loro realizzazione. Sul tecnigrafo studio con cura i dettagli, dietro di lui costruisco i prototipi e nell’enorme rotolo di carta a muro schizzo le idee, spesso di notte o all’alba.<br/><br/>La vita scorre veloce e non troviamo mai il tempo per le cose che amiamo, per disegnare ad esempio. Ora quel tempo me lo sono preso.<br/><br/>Chi guarda con attenzione trova anche la mia firma: una cornice che attraversa tutto il perimetro e in cui si alternano il verde, il giallo, il rosso e il blu con lunghezze diverse. In casa ora si respira l’energia della nostra amata California!<br/><br/>Dopo un paio di mesi dalla conclusione del progetto ci siamo accorti che mancava qualcosa, uno spazio dove sistemare le ceramiche di famiglia, i bicchierini vintage di mio marito, i libri pop- up del piccolo di casa perciò ho deciso di progettare e realizzare “Altare”, un mobile ispirato al design di Charlotte Perriand, un’architetta e design che stimo moltissimo, la mia ispiratrice nell’arredo di interni. Il mobile è composto da una panca lunga 3 metri, con gambe inclinate e un nastro “cucito” sul bordo con bocchette di ottone. <br/>E’ piacevole sedersi sulla panca a leggere storie con il piccolo Arik. Nella parte superiore ci sono mensole di rovere suddivise da elementi verticali multi strato laccato opaco. Gli scomparti hanno colori che riprendono la cornice del muro e altezze e lunghezze diverse, e sono versatili per posizionare oggetti d’arredo e farli risaltare. “Altare” è un mobile personalizzabile che propongo ai miei clienti in altre finiture e con inserti di altri materiali, come specchi e marmi. <br/><br/>Il bagno è un piccolo tempio alla Barbie. I toni del rosa si combinano con il nero delle finiture metalliche e delle piastrelle e un grande pannello dipinto con una grafica Pop ti accoglie all’entrata.<br/><br/>Infine ho rivisitato le porte originarie, ridipingendole e mettendo un nuovo vetro e una nuova maniglia. <br/><br/>Tutto nell’intento di dare una nuova anima alla casa senza rubare il vecchio spirito.